Celebrare, tr. (cèlebro). Rendere celebre, esaltare; magnificare, glorificare con scritti o parole (a volte usato con leggera iperbole).
= Voce dotta, lat. celebrare * frequentare, visitare in folla ’, poi * solennizzare, onorare ’ : deriv. dall’aggettivo celeber -bris, sinonimo di frequens ‘ frequentato ’ e ‘ frequente ’, pertanto * che accorre in massa * e * che ricorre periodicamente ’
Che meraviglia, il Battaglia (Grande Dizionario della Lingua Italiana)! Spesso basta leggerlo per trovare, detto con chiarezza disarmante, un pensiero che faticavi a formulare per bene.
Volevo dire, stavolta, che lungo tutto questo anno 2020 ho cercato di celebrare Beethoven: ma mi pareva, questo, un verbo inadeguato, troppo solenne da accostare ai miei contributi, e (come dice il Battaglia) viziato da leggera iperbole.
Ma il combinato disposto della definizione d’apertura del lemma e della descrizione etimologica del Battaglia mi ha confortato: io ho davvero celebrato Beethoven, sforzandomi, in tutta la mia attività accademica e pubblica di questo travagliato anno, di esaltarne e magnificarne le qualità artistiche e umane (rendendo conto, in quest’ultimo caso, anche delle umanissime fragilità), e ho cercato di farlo sempre nella prospettiva della condivisione, immaginando che ci dovesse essere un modo per allargarne la comprensione a tanti (celeber, frequens: che accorre in massa, numeroso) e con costanza e continuità (frequens: che ricorre periodicamente).
Le qualità artistiche e umane di Beethoven, insieme alle sue umane fragilità, sono – possono, dovrebbero essere – una grande risorsa per noi uomini e donne del 2020, particolarmente di questi mesi del 2020. Non ho mai pensato che tutti si debbano per forza accostare alla Musica (intendo la musica di Bach, Beethoven, Stravinskij, Bartók, Schönberg, Šostakovič…) ma ho sempre pensato che sarebbe meraviglioso che sempre più persone lo facessero, e mi sono sempre adoperato perché questo accadesse.
La musica (quella Musica, e poca altra) ha una valenza etica straordinaria.
Ètica1, sf. Filos. Scienza della condotta umana, intesa come dottrina del fine a cui tende il comportamento e dei mezzi atti a raggiungere tale fine, o come ricerca del movente della condotta stessa (e mira alla definizione della nozione di bene, ravvisato nella felicità, nel piacere, nell’utile, nell’amore, nell’economia, ecc.)
Le Sinfonie di Beethoven, una per una e nel loro insieme, sono davvero una grande risorsa etica e morale, come nelle mie lezioni accademiche e in quelle pubbliche ho cercato di testimoniare. Una società in cui più persone si lasciassero plasmare dall’ascolto delle Sinfonie di Beethoven, o della sua Missa solemnis, sarebbe una società migliore.
Come dico nelle battute finali della lezione pubblica di cui riporto il link, il distanziamento fisico è un disagio ed è un dolore (atroce, quando non puoi stare accanto a chi soffre), ma il distanziamento delle anime comporta conseguenze (se non croniche) certo di lunga durata in una comunità. La rabbia che inizia a manifestarsi in questi giorni ha radici certo nel disagio, nell’impoverimento, e anche nella legittima critica a decisioni non condivise o ritenute inadeguate. Temo però, purtroppo, che vi sia una radice più profonda e insidiosa: l’individualismo.
L’insofferenza verso disposizioni che limitano i nostri movimenti, i nostri spostamenti è certamente comprensibile: ma quando si parla di “inaccettabili violazioni della nostra libertà” temo che spesso si dica “nostra” per intendere “mia”. Il plurale è la foglia di fico di individuali frustrazioni e irragionevoli pretese.
La libertà non è di uno: la libertà o è di tutti o non è.
La libertà è nostra, il sacrificio per difendere la salute è il tributo che ciascuno di noi deve (DEVE! imperativo categorico!) pagare alla libertà di tutti.
Questo dobbiamo insegnare ai nostri figli, non dobbiamo alimentare la loro insofferenza e la loro rabbia.
Chi ascolta e comprende la Nona sinfonia di Beethoven conosce il valore umano altissimo della condivisione.
Seid umschlungen, Millionen!
Diesen Kuß der ganzen Welt!
Brüder, über’m Sternenzelt
Muß ein lieber Vater wohnen.
Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio vada al mondo intero!
Fratelli, sopra il cielo stellato
deve abitare un padre affettuoso.
Che (e come) crediamo o meno che esista questo lieber Vater, dobbiamo sentirci fratelli, non abbiamo altra scelta, né via d’uscita: Beethoven lo dice con una sincerità e una semplicità disarmante, con la forza di chi è giunto al traguardo di questa comprensione attraverso infinite sofferenze, e con la grandezza della Musica.
Dobbiamo sentirci fratelli, e agire come tali.
Dobbiamo essere padri e madri, perché i nostri figli ora hanno bisogno (non di rabbia ma) di capire e accettare: di crescere.
Le Sinfonie di Beethoven ci aiutano ad essere donne e uomini (madri e padri) migliori.
Ecco perché sono profondamente grato a chi in questo anno beethoveniano ha condiviso con me il cammino di riflessione sulle Sinfonie di Beethoven, e sulla Nona in particolare: gli studenti che hanno accolto il mio invito ad accantonare ogni programma accademico per studiare approfonditamente tutte e nove le Sinfonie (alcuni giungendo a una conoscenza davvero encomiabile), e tutti coloro che, veramente numerosi, hanno seguito le mie lezioni pubbliche a Brescia, a Correggio, a Parma e on line.